Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come rilevare quando ritorni sul nostro sito e capire quali sezioni trovi più interessanti e utili. Questo limite è un limite della conoscenza o della «conoscenza sulle cose». A mio parere, in questa concettualizzazione siamo in una sorta di “something more than rêverie”, ovvero in uno spazio che non contrasta, ma sostanzia, amplia e completa il tradizionale concetto di identificazione proiettiva, poiché introduce il corpo in una prospettiva non solo simbolica e ne incornicia la funzione relazionale. Ma il campo cresce se l’analista riesce a farlo crescere, anche con il concorso dell’aiuto del paziente come “miglior collega”(Bion, 1984). Permettono inoltre di monitorare il sistema e migliorarne le prestazioni e l’usabilità. Winnicott considera tale qualità come una capacità della mamma di "ammalarsi", d'impazzire temporaneamente, come egli dice, per potersi mettere in una posizione mentale empatica che le consente di comprendere e di assecondare i primitivi bisogni del bambino. Se si verifica un difetto in questo processo da parte della figura di riferimento, non si struttura la continuità dell’essere o di un oggetto-Sé maturo e al suo posto si aprirà un buco un vuoto che verrà riempito o da un eccesso di mente (fino al delirio) o con il corpo attraverso un disturbo psicosomatico (vedi Winnicott). Riolo (2010) si esprime in questi termini sull’allucinosi :” E perciò i processi, gli oggetti e i significati di questo mondo sono antagonisti rispetto a quelli che procedono dalla parte non-psicotica, comportando l’inversione di tutti i valori psichici: la ricerca di gratificazione è capovolta in evitamento della frustrazione, l’inferiorità in superiorità , il pensiero in azione; l’assenza in presenza, la «non-cosa» in «cosa». Il simbolo è il testimone dell’assenza della cosa. Centrale è dunque la capacità empatica della madre, che le consente di cogliere il momento esatto in cui la separazione dall’oggetto è possibile. Cerca nel più grande indice di testi integrali mai esistito. Poiché il dolore dell’assenza è intollerabile nell’allucinosi si nega l’assenza della cosa o in termini kleiniani del seno (della soddisfazione) e la frustrazione che ne deriverebbe. Come fa il neonato a comunicare alla madre la fame, la paura di morire, la solitudine o il terrore? Se la patologia concerne solo un’accumulazione di fatti non digeriti (di fatti micro o macro traumatici, che hanno dato luogo a più stimolazioni di quante non fosse possibile trasformare in emozioni o pensieri), lo strumento principale della terapia è l’interpretazione. Price. Collegando il concetto di memoria a quello di inconscio a quello di memoria, si può dire che non c’è ragione a livello neurologico per continuare ad usare il concetto di rimozione. Un primo movimento verso l’esistenza individuale si ha quando il bambino dopo la fase nella quale il volto materno è uno specchio, si sente visto dalla madre. L’idea di contenitore-contenuto di Bion si rivolge non a ciò che pensiamo ma al modo in cui pensiamo cioè a come elaboriamo l’esperienza vissuta e a cosa avviene psichicamente quando non siamo in grado di fare lavoro psicologico con quell’esperienza. Nel campo analitico tutte le strutture emergenti ed attuali dipendono dall’interazione tra i due partecipanti. Ora, come detto sopra, a me sembra che nel pensiero di Ferro la realtà del corpo, delle sue comunicazioni ed interazioni, dunque la sensorialità così come si esprime nelle azioni della relazione analitica, non vengano pregiudizialmente escluse, ma rimangano insoddisfatte, perché incluse e circoscritte prevalentemente nel concetto di identificazione proiettiva e di Beta Elemento. In situazioni in cui non riesce ad avvenire questa integrazione psicosomatica l’individuo è incapace di sentire il suo corpo come il fondamento del sé immaginativo. Per Edelman (1991) la memoria non deve essere concepita come un archivio in cui vengono depositati ricordi organizzati e codificati; essi, cioè, non esistono sotto forma integrata, come tracce significative che verrebbero conservate. Grazie al senso di onnipotenza, il bambino può cominciare a sviluppare la capacità di esperire una relazione con l’esterno, e il formarsi di una concezione della realtà esterna. Grazie alla manipolazione adeguata, il bambino accetta il corpo come parte del Sé, e sente che il Sé ha sede all’interno del corpo; allo stesso modo conosce i confini fra il corpo-me e l’esterno al corpo-non-me. In questo sono due processi attivi dell'analista e l'empatia kohutiana e la reverie bioniana. Non potrebbe essere che i sentimenti positivi verso sé contribuiscano a rendere più ricchi e vitali gli incontri con gli altri? Per Ogden (2017) Bion usa termini come cosa in se o “verità assoluta”, “realtà ultima” e “l'esperienza per veicolare un significato di ciò che ha in mente con O. Ma dal momento che sottolinea anche che O è inconoscibile, innominabile, oltre la comprensione umana, questi termini sono fuorvianti e contrari alla natura di O. La visione che si ha durante il sonno (i sogni) è una percezione che non è legata ad alcun elemento del mondo reale; la percezione della veglia non è molto diversa dal sogno, ma ha un legame leggermente maggiore con ciò che ci sta fronte. Consistendo in una sorte di comunicazione “viscerale”, presimbolica, tra madre e bambino, la reverie materna presuppone un’area proto-mentale, posta alla frontiera somatopsichica, Su questo modello relazionale somatospichico tra madre-bambino si costituisce l’importante funzione mentale di contenimento, ovvero la capacità di legare ed elaborare gli elementi beta da parte del bambino stesso; in senso psichico, “contenitore” e “contenuto” sono innanzitutto parti dell’apparato della funzione alfa della madre. Il ricordo è qualcosa che momento dopo momento noi traiamo fuori dalle nostre memorie implicite ed esplicite, quello che la nostra coscienza qualche volta tira fuori dalla nostra memoria. “Memoria” non significa semplice memoria di contenuti, ma soprattutto, ci dicono le neuroscienze, memoria di funzioni. In tal caso: la parte psichica dell’unità psicosomatica” del bambino è spinta ad assumere funzioni materne, causando precocità e ipertrofia intellettiva e psichica, e incapacità di contatto ai propri bisogni profondi. Secondo me di solito ciò che il lattante vede se stesso. trasformano sensorialità in pensiero. Sapisochin (2006) ritiene che in psicoanalisi si possano utilizzare diverse e nuove modalità di ascolto di ciò che accade in seduta. Lo Stato emotivo della madre coinvolto nell’atto di mantenere (holding) il bambino nel suo stato precoce di continuità dell’essere è definito “preoccupazione materna primaria” (Winnicott, 1956). Ma credo che la cosa che li accomuna maggiormente sia che entrambi siano interessati alla responsività della madre al bambino, ed allo stesso modo a come il terapeuta ascolta il paziente. C’è un sogno che si svolge di continuo nella nostra mente. Che cos'è la dipendenza affettiva? Un aspetto fondamentale della reciprocità fra madre e neonato è per Winnicott il rispecchiamento del Sé del bambino in quello della madre, che inizia quando il bambino è appena nato. Prima viene l’Io, che significa “tutto il resto è non me”. Perché essi hanno la malattia (o il sintomo) al suo posto. La mancata risposta empatica dei genitori causa un arresto dello sviluppo, che impedisce la trasformazione del Sé grandioso in sane ambizioni, e l’interiorizzazione dell’immagine genitoriale idealizzata come ideali e valori. Esso implica che, in relazione alle qualità psichiche e alla realtà psichica, ci sia sempre uno spazio enigmatico che esiste e che può essere riempito con una gamma di forme ideative adeguate, ma sempre approssimative. Il mio cuore, nuca, petto, spalle, ecc. Il contenitore non è una cosa, ma un processo. Quest’ultimo è il tempo creato dall’uomo; il tempo degli orologi e dei calendari, dell’allattamento ogni quattro ore, del giorno e della notte, degli orari lavorativi, della madre del padre, delle tappe evolutive come descritte nei libri sullo sviluppo. Va sottolineato che il concetto di narrazione è qui usato in un modo assai diverso da quello con cui è stato impiegato dagli psicoanalisti americani, ad esempio da Roy Schafer, che della funzione narrativa sottolineano soprattutto l’aspetto legato al costruttivismo ed al relativismo. Azione e sensazione attendono il proprio completamento tramite la partecipazione, il contributo e l’azione trasformativa dell’altro. Questa continuità è periodicamente interrotta da fasi di reazione alle pressioni. “ La paura della disintegrazione invece è una difesa che sorge dopo che il crollo già è avvenuto e Winnicott dice:” Il caos della disintegrazione può essere tanto “cattivo” quanto la inattendibilità dell’ambiente, ma ha il vantaggio di essere prodotto dal bambino e perciò di non essere imputabile all’ambiente: è nella zona dell’onnipotenza del bambino.” Seguiamo Winnicott (1971) nel discorso “Il trauma deriva da una pressione da parte dell’ambiente e dalle reazioni dell’individuo a questa pressione che si verifica prima che egli abbia sviluppato i meccanismi necessari a rendere prevedibile l’imprevedibile. Bisognerebbe avere un modello che permetta di fare un buon uso delle teorie (e dell’esperienza) nell’atto stesso di dimenticarsele. Per Winnicott, quindi, l’assioma fondamentale è che la mente è una struttura relazionale e non può nutrirsi da dentro, se prima non sia stata nutrita da fuori, attraverso dei buoni legami. E’ la cosa della “non-cosa” che, senza il sogno, senza la narrazione, senza la creatività generata dall’incontro di due menti, rischia di sprofondare nella traumaticità dell’irrappresentabile.”. La mente ferita perde la capacità di rappresentazione e simbolizzazione. Il paradosso che Winnicott mette in evidenza è che la capacità di essere solo è costituita dalla capacità di essere solo in presenza di un altro, esperienza che affonda le sue radici nella fase della dipendenza assoluta in cui è fondamentale la copertura dell’Io in statu nascendi da parte della madre. Uno stato affettivo, per semplificare, che non si può descrivere a parole perché si presenta secondo la modalità arcaica dell’epoca in cui non c’erano parole per nominare le emozioni. DIPENDENZA AFFETTIVA (Love Addiction) A cura della Dott.ssa Monica Monaco. La Dipendenza Affettiva viene classificata tra le “New Addiction” ovvero tra le nuove dipendenze comportamentali che non hanno come destinatario una sostanza chimica esterna al soggetto ma hanno un oggetto o persona con cui viene stabilita una dinamica psicopatologica di esclusività di legame come ad esempio la dipendenza da internet, la dipendenza sessuale, il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza dallo sport, shopping compulsivo e la dipendenza … à evidente, allora, che se le recenti ricerche sulla memoria autobiografica suggeriscono che quasi tutti i ricordi vengono ricostruiti sotto l’influenza del contesto presente nel quale vengono richiamati, se ne deve dedurre, che “la memoria si produce nell’interfaccia tra l’intrapsichico (rappresentazione) e un’interazione presente” e che, dunque, è nello scambio dinamico tra “intrapsichico” e “interattivo”, che debbono ricercarsi le radici dei processi mentali. Il paziente di Bion deve essere contenuto analiticamente ed essere così in grado di patire, e non sopportare con determinazione ma ciecamente, la sofferenza delle esperienze emozionali. Quindi possiamo dire che il vero punto di arrivo della teoria di Bion non è la trasformazione Beta>Alfa, ma la trasformazione in O, ovvero la trasformazione in cui il soggetto “diventa” ciò che ha esperito. Solo quando analista e paziente entrano nel “divenire O”, quando cioè l’analista “diventa” effettivamente l’oggetto del paziente e il paziente “diventa” l’oggetto dell’analista, può attivarsi il processo di decodifica di segnali che non hanno ancora o che hanno perduto il loro significato: è il passaggio da O a K, quello da un’esperienza primordiale, non-verbale, non-simbolica, a un significato che può essere pensato. (Corrao,1981). Evidenzia, dunque, che la narrazione ha la capacità di fare emergere emozioni sino a quel momento disperse o avvertite soltanto come tensioni (Corrao, 1992; Neri, 2017). Alla complessità del campo attuale, orizzontale, che vive nell’hic et nunc, è fondamentale aggiungere una pari complessità di un campo verticale, che comprende anche il multigenerazionale: il tempo entra nella stanza di analisi. In realtà il paziente poi non lo cercherà più. Quindi ciò che interessa in analisi è quella parte di O che è semplicemente, non la realtà ultima, ma l’esperienza emozionale condivisa tra paziente ed analista. Dove la cosa in sé tanto nella realtà psichica quanto nella realtà materiale, non può essere colta se non nella dimensione della finzione. Prima che possa aver luogo l’insediamento della psiche nel soma, un bambino dovrebbe sperimentare ciò che Winnicott ha appunto chiamato gli “stati non integrati”. Quindi Civitarese (2014) dichiara che per entrare in contatto con i fatti immateriali dell’analisi, Bion chiede all’analista di fare un uso della sua “capacità negativa” cioè di ascoltare “senza memoria e desiderio” per ridurre intenzionalmente al minimo indispensabile il “percepire” , l’attività di accogliere nuovi elementi della realtà , per esaltare l’immaginare (l’allucinosi che di per sé è inconscia), l’attività di rivestire la realtà di elementi già noti; a questo punto egli si troverà in una condizione emozionale, come in una specie di deprivazione sensoriale sperimentale ricercata, propizia all’insorgere di uno stato di allucinosi. Quindi l’esperienza emozionale che deriva da O da cui consistono gli elementi beta , risulta già da un vissuto anteriore alla parola, quindi di per sé comunicabile solo a prezzo di un lavoro psichico di trasformazione. Sulla base di tali studi, continua Northoff (2019), “il neuroscienziato Bud Graig ipotizza che l’insula destra sia coinvolta : riceve input autonomi e viscerali dai centri inferiori e rielabora in modo integrato lo stato corporeo interocettivo Questo processo consente all’insula di dare origine ad una immagine mentale del proprio stato fisico. Molti lattanti tuttavia devono avere una lunga esperienza di non vedersi restituito ciò che essi danno. Risparmia tempo, prenota online! La madre si mette in sintonia con i bisogni del bambino e ne fornisce la realizzazione: quando il bambino desidera il seno, glielo porge, e così il gesto o l'allucinazione dell'infante viene reso reale, e si sviluppa il fenomeno dell'illusione. Molto diverso sarà l’ascolto dell’analista se lui premetterà alle parole della paziente, come dicevo, in automatico il prefisso: «Ho fatto un sogno», per cui la comunicazione diventa: «Ho fatto un sogno in cui decidevo di fare una operazione perché ero insoddisfatta del mio seno». Cod.Fisc. Cassorla chiama questo stato “il non sogno traumatico” che racchiude in sé la ripetizione della situazione traumatica, nel tentativo frustrato di sognarla. Bion (1967) in “Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico dice: ”L’allucinato è colui che ha delle esperienze sensoriali prive di un contesto di realtà sensoriale. La capacità di essere solo, come lo sviluppo del fenomeno transizionale, implica l’interiorizzazione di una madre come ambiente che mantiene una situazione nel tempo. Amare vuol dire stare bene dentro. Importante in questo contesto l’osservazione di Bolognini (2002) che afferma “ Credo che l’esperienza controtransferale sia necessaria per entrare davvero nel mondo interno di un paziente; credo che non garantisca affatto il raggiungimento di un buon grado di empatia (se si rimane identificati controtransferalmente ci si limita a ripetere una scena interna, senza poterla comprendere e interpretare); credo però che l’essere passati attraverso l’esperienza controtransferale elaborandola permetta lo sviluppo di un’empatia ampia e profonda, non limitata alla concordanza egosintonica, e che tale considerazione costituisca il campo-base naturale per l’impostazione e lo sviluppo di cambiamenti profondi nel paziente”. Nel momento in cui la madre vede per la prima volta il proprio bambino, ha inizio il processo attraverso cui si stabilisce il sé della persona. Considerazioni su Bion, Winnicott e Kohut. Questo può accadere se prima la madre riesce ad immaginare e a rispecchiare questi processi del bambino e proiettarglieli nel grande schermo del suo viso e del suo sguardo, e farglieli ascoltare attraverso i suoi suoni e prosodia delle sue parole. Infatti per gli psicoanalisti intersoggettivisti americani come Stolorow ( 1997) il campo relazionale viene così inteso :”Nella sua forma più generale, la nostra tesi è che la psicoanalisi cerca di chiarire i fenomeni che emergono all’interno di un campo psicologico specifico costituito dall’intersezione di due soggettività (quella del paziente e quella dell’analista) .La posizione di osservazione è sempre all’interno, piuttosto che all’esterno, del campo intersoggettivo .un fatto che garantisce la centralità di introspezione ed empatia come metodo di osservazione”. Le emozioni ed i sentimenti solitamente non sono considerati al pari dei pensieri come fattori organizzativi e di orientamento invece, l’emergere e l’esprimersi di nuove forme di sentimento sono fondamentali nel processo di conoscenza, cambiamento e complessiva ri-organizzazione che si attua in analisi. Di fornire al corpo sensazioni nuove, ma note. Il sognare ripara e costruisce la pelle psichica, la pellicola di significato che ci protegge dagli urti della realtà . Fatica star fermo, a restare “vivo” nel senso winnicottiano del termine e attento. Ma ad un certo momento l’enacment cronico esplode e cede il passo a quello acuto. Quindi lungo i canali paralleli alla paralisi l’analista può inconsciamente iniettare al paziente la sua funzione alfa implicita. à chiaro che una teoria del campo richiede all’analista una continua vigilanza e manutenzione del suo principale strumento di lavoro: la sua vita mentale. Il campo, in questa prospettiva, si arricchisce progressivamente di un “cast” di personaggi, che nel loro entrare e uscire dalla scena, tracciano delle trame narrative che raccontano l’evoluzione, la regressione o la stasi nel processo di espansione della pensabilità . Questo presuppone che fra questi due concetti ci sia una differenza che spesso, come avverte Craparo (2015) viene ignorata come priva di importanza. L’uso che Winnicott fa della parola psiche merita una attenzione particolare, perché la distingue da altri usi di altri autori, solo apparentemente analoghi: per Winnicott la psiche è “elaborazione immaginativa di parti somatiche, sentimenti e funzioni ed è praticamente sinonimo di fantasia, realtà interna, e sé (self)” (J. Abram 1996). Fase delicata in quanto il bambino comincia ad accorgersi del cambiamento, dello spazio, del tempo, della separatezza, e quindi emerge con forza la paura di frammentazione, non essendo ancora l’”integrazione psico-somatica” consolidata. Dal punto di vista teorico le stesse ER, non essendo propriamente elementi beta, potrebbero essere collocate topologicamente allo stesso livello primitivo, e cioè nel protomentale, e quindi, quando tossiche, non tanto soggette a processi evacuativi, ma prevalentemente dissociativi. Le esperienze emozionali precoci con l’ambiente favoriscono certi tracciati sinaptici, al posto di altri, i quali, in presenza di una certa ricorsività dell’esperienze emozionale, possono aver sempre più rilievo rispetto ad altri tracciati che vanno incontro ad una progressiva atrofizzazione: come per certi sentieri di campagna che se non percorsi e abbandonati alla fine si perdono fra le sterpaglie. Per Winnicott quindi la relazione tra mente e psiche-soma è un punto cruciale. Negli ultimi anni si è sentito molto parlare di dipendenza affettiva, o love addiction, quasi fosse qualcosa di nuovo e di non esplorato. Nella preoccupazione materna primaria la madre si mette al posto del bambino, non c’è niente come una madre. Eraclito porta alla luce che l'identità delle cose è il loro stesso essere diverse ed opposte, il loro stesso diversificarsi dalle altre, e opporsi alle altre; e chiama “guerra” Polemos l'opposizione in cui ogni cosa consiste e da cui è generata. Centrale è dunque la capacità empatica della madre, che le consente di cogliere il momento esatto in cui la separazione dall’oggetto è possibile. In tal caso: la parte psichica dell’unità psicosomatica” del bambino è spinta ad assumere funzioni materne, causando precocità e ipertrofia intellettiva e psichica, e incapacità di contatto ai propri bisogni profondi. Per Grotstein Winnicott nella sul concetto di “preoccupazione materna primaria” descrive un'esperienza normale e necessaria di essere un tutt'uno transitorio tra il lattante e la madre, in un modo molto simile alla reverie proposta da Bion- la madre deve diventare il bambino, proprio come l'analista deve diventare l'analizzando in una trasformazione in O. Grotstein propone che la reverie bioniana e la preoccupazione materna primaria winnicottiana descrivano entrambi uno stato transitorio in cui si è un tutt'uno (at-one-ment)-il divenire bioniano di O- in cui la comunicazione è implicita, senza bisogno di identificazione proiettiva. - Sogno. Il campo non si espande, non si sviluppa positivamente e in maniera sana solo perché avviene una interazione tra terapeuta e paziente. Per concludere si potrebbe ipotizzare che a proposito degli obbiettivi di una analisi i tre autori probabilmente avrebbero potuto rispondere in questi termini: Bion ”L’analisi può aiutarti soltanto a diventare te stesso. La seconda implica che il terapeuta cerchi attivamente di entrare in risonanza con l’esperienza del paziente. Questo è collegato ad una struttura difensiva che agisce come “una resistenza ostinata al cambiamento smantellando e impedendo il consolidamento di nuove strutture dell’esperienza”. Questo evento originario, indescri¬vibile e impensabile da parte del paziente, non permetterà all'analista di lavorare poiché, se l'analista parla, le sue pa¬role sono private di significato. à la base della “personalization”, altro termine creato da Winnicott per descrivere il divenire una persona a partire dalla molteplicità delle esperienze corporee ed emotive vissute tra la madre ed il bambino. “L’amore materno per il bambino che cresce, amore fine a se stesso, è la forma d’amore più difficile a raggiungersi, ed è anche la più ingannevole, a causa della faciltà con cui una madre ama la propria creatura. Quindi ad un iniziale stato non integrato o meglio non differenziato tra psiche e soma, c’è una sincronia totale, un immersione completa con l’ambiente esterno, la madre, si passa progressivamente ad una desincronizzazione, in cui le esperienze parziali del soma si vanno man mano trasformando da “presentazioni” in “rappresentazioni” mentali, quali primo nucleo del pensiero, delle prime fantasie sostitutive, dei primi vissuti. Conseguentemente, una persona incapace di sognare si trova bloccata in un mondo immutabile e senza fine riguardo a ciò che è. L'intelletto o mente rappresenta per Winnicott ciò che emerge in modo specifico dalla parte psichica dello psiche-soma. Kohut riteneva che essa si producesse quando la madre premia un aspetto particolare della personalità del bambino, che è conforme ai desideri ed alle aspettativa di lei, ma trascura aspetti importanti della aspirazioni del bambino e dei suoi bisogni di riconoscimento. Sembra infatti che l’identificazione proiettiva rimanga l’unico costrutto chiaro attraverso il quale, avendosi un passaggio tra sé e l’altro di qualcosa che non appartiene immediatamente al mondo della parola o delle immagini, ma che le promuove, ci si avvicina al mondo palpabile del sensoriale-emotivo e dunque al corporeo. Questo processo di contenimento e trasformazione implica inevitabilmente la costruzione del significato. La Dipendenza Affettiva. Invece l’Holding che sostiene adeguatamente permetterà al bambino e in analisi al paziente di abbandonare l’onnipotenza del Falso Sé. Questo lo porta a rivedere la teoria freudiana del narcisismo (primario e secondario): Questo pensiero è in linea con i riferimenti teorici di questo libro ed anche con il pensiero della Bucci che parla non di trasformazioni, che presupporrebbero dei passaggi un po’ magici ma di connessioni continue in varie direzioni. Le due sono divise da una linea, a raffigurare la scissione verticale. Questa è un’espressione fatta solo di verbi è priva di soggetto. Il mio cuore, nuca, petto, spalle, ecc. Bion ci ha aperto una strada, ma forse essa potrebbe essere continuata, sviluppata, forse in altre direzioni. In aggiunta ai contributi contenuti in Esperienze dei gruppi (1961), è utile l’idea di «spazio beta» completa l’elaborazione teorica di Bion. Contenuto trovato all'interno – Pagina 10Con la psicoanalisi e la diffusione delle psicoterapie il problema della dipendenza affettiva è stato affrontato in modo sistematico grazie all'osservazione diretta e alla terapia di casi reali. Per Bion invece è proprio il dolore della consapevolezza dell’assenza, che fa si che questa si trasformi in pensiero e simbolo. Facciamo a questo punto brevemente un breve excursus, chiarificatore su alcuni concetti che possono essere facilmente sovrapposti e non compresi appieno. In questa situazione nessun membro della coppia può essere capito senza l’altro. Tutto quello che possiamo fare per non farci accecare da O e arricchirci da esso è trasformare in finzione la nostra percezione, la nostra esperienza di O. Questo è il processo di sognare. La dipendenza affettiva è una forma patologica d’amore vissuta principalmente, ma non esclusivamente, dalle donne.E’ caratterizzata da un legame doloroso in cui è alterato l’equilibrio tra il dare e il ricevere. Gli elementi beta sarebbero quindi quell’esperienza originaria che, legata alla corporeità , si offre al soggetto, ma esigendo per la sua crescita il passaggio ad una forma organizzata, “saputa”. Anche se autori successivi come Bacal hanno sottolineato la necessità che anche il bambino si presti a svolgere funzioni di Oggetto-Sé nei confronti del genitore. La funzione alfa della madre che bonifica gli elementi beta angoscianti del bambino fanno capire chiaramente che qui Bion non parla della madre come di un oggetto d’amore rispecchiante, ma delinea alcune delle funzioni della madre necessarie per sostenere la psiche in evoluzione del bambino. Una situazione tra due persone che rimangono ineluttabilmente connesse e complementari fintanto che condividono la situazione analitica e coinvolte in un singolo processo dinamico. Molto diverso sarà l’ascolto dell’analista se lui premetterà alle parole della paziente, come dicevo, in automatico il prefisso: «Ho fatto un sogno», per cui la comunicazione diventa: «Ho fatto un sogno in cui decidevo di fare una operazione perché ero insoddisfatta del mio seno». Questo vale per la vergogna e per tutte le emozioni. Il sogno incubo forse riesce ad affacciarsi sul protomentale di O, è un abbozzo embrionale di mentalizzazione dell’impensabile o di ciò che è ancora appena al di là del limite di pensabilità . Se si pensa di sapere, allora, ci si priva della possibilità di recepire tutta una serie di elementi con quel piacevole atteggiamento di perplessità e di attesa, fino al momento in cui compare una configurazione del tutto inaspettata” (1986).
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